Le persone care, rare
Poi scendendo ci fermiamo a salutare la vicina di casa. Cammina a fatica con le gambe curve e una specie di trespolo che fa molto film “Up”. Mi riconosce subito per aver passato del tempo – insinua, io non arrivo così indietro – sulle sue gambe o nel suo cortile a giocare. Io la ricordo bene solo a partire dai miei sei anni, anche se con uno strano effetto sfocato per il quale a istanti nitidi si alternano zone d’ombra completa. Ci dava delle caramelle all’anice che poi sputavamo nel tombino. E così ripenso a quelle persone che occupano un posto nella nostra vita pur essendo (molto) poco presenti. Persone rare ma care. Non gli affetti primari, la famiglia, gli amici più stretti. Nemmeno quelle presenze più durature e importanti come può essere stata la maestra delle elementari o un compagno poi perso di vita. Parlo di legami puntiformi: vicini del mare, appunto; la panettiera accanto alla scuola media dove adesso torno perché, in quella stessa scuola, ci va mio figlio; una signora che vedevo ogni primavera ai giardini sempre con lo stesso cane. Sono un po’ come alcune conoscenze virtuali di oggi: ci si scambia pezzi di vita, ci si vuole un po’ bene, si prova gratitudine quando una circostanza inattesa permette di rivederci.
Sono persone che non potremo salutare un’ultima volta, ma che in qualche modo portiamo con noi, sepolte nel ricordo.