Sentirsi Elliott Erwitt per mezz’ora con una Leica monochrom. E poi tornare alla realtà

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Allora Watanabe dice: «Se hai una scheda con te, la puoi provare. Devi solo lasciarmi la carta d’identità e poi fuori, in strada a fare foto». Poi sorride con la sua serenità mezzo orientale e mezzo paterna, come se mi avesse appena tolto le rotelle alla bici.

Io una scheda con me ce l’ho; a dire il vero ci sono sopra delle foto, ma non importa: le rifarò. Gliela consegno, la inserisce nella fessura, preme un paio di tasti e formatta. Ora la scheda è Leica.

Sorride ancora. Questa volta con la sua serenità mezzo orientale e mezzo vissuta, di chi ha visto passare chissà quante persone in questo interno di via Rovello, che è negozio, spazio espositivo, confessionale, covo di collezionisti.

Sono l’ennesimo che viene a far finta di voler/poter comprare una Leica. Il bello di quando fai finta è che puoi fare finta fino in fondo: ti concedi il meglio, senza porti limiti. Non solo senti la American Express Gold pulsare nella tasca della giacca, ma ti credi anche capace di usare la Leica che Watanabe ti ha appena prestato come un professionista. No, meglio, non un professionista, proprio un genio dello scatto, uno di quelli che ha un rapporto intuitivo con la macchina, che coglie le situazioni al volo e le immortala. Ecco, immortale. Poco importa se per comprare il corpo dovrei vendere l’anima. Per ora è possibile. Senza limiti.

Anzi, i limiti me li sta mettendo proprio, quello che dovrebbe vendermi la Leica M monochrom (più o meno il meglio assoluto che ci sia oggi in commercio, non ho il coraggio di scrivere quanto costa) se io non stessi facendo solo finta di comprarla. Mi dice: «Vietato comprare più di un obiettivo. Per un anno prendi solo un 35 mm o un 50 mm e impari a usarlo. Solo dopo, quando lo conoscerai a memoria, forse, potrai prenderne un secondo. Comincia pure con un usato».

Ma come? Mi limitano i sogni. E invece ha ragione, qui si tratta di andare all’essenziale, di semplificare semplificare semplificare. Penso che un po’ sto cambiando: prima puntavo a fare incetta di materiale per girare con una borsa pesante, ora vorrei avere il minimo che però sia anche il massimo. Chiaro.

Quindi: lascio carta d’identità, prendo Leica, esco su via Dante. Panico.

L'inevitabile selfie con il telefonino, pure sfocato
L’inevitabile selfie con il telefonino, pure sfocato

È come uscire con una top model: ho l’impressione che mi guardino tutti (i famosi borseggiatori che stazionano davanti a New Old Camera, suppongo) e ho l’ansia da prestazione. Lei è magnifica, mi mette a mio agio, non si sottrae, non dà a vedere il suo disagio quando non trovo la messa a fuoco, non fa pesare i miei errori.

Mentre ci faccio un po’ l’amore, sperimento questo sdoppiamento di personalità: mi sento figo e inadeguato insieme. Elliott Erwitt e turista imbranato. Come nei film sembra che ci conosciamo da sempre, e intanto immagino quanto mi sentirò imbranato quando aprirò i file a casa, sullo schermo grande del computer.

Poi penso che scriverò di questa piccola avventura da poveraccio e mi sento ancora più idiota: un vecchio che ci prova con la badante, un ex combattente che racconta penoso le sue battaglie, un bambino che toglie le rotelle e si spalma sull’asfalto.

Leica M monochrome con Summilux 50/1,4 asph
Leica M monochrome con Summilux 50/1,4 asph

3 Responses to “Sentirsi Elliott Erwitt per mezz’ora con una Leica monochrom. E poi tornare alla realtà”

  1. Silvia Berzetta

    Qui un MI PIACE servirebbe proprio. E anche un TI INVIDIO (l’occasione e il modo di sentirla). :)

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