Recensioni sfocate: ritratti di scrittori senza scrittori | Alessandra Selmi

«Vorrei recensire il tuo libro», avevo proposto ad Alessandra.
«Grazie», aveva risposto educatamente.
«Però vorrei recensirlo fotograficamente».
«Non ho capito, ma accetto volentieri».

Quando un paio di settimane dopo ci siamo visti in Stazione Centrale a Milano, e le ho chiesto di aggirarsi con il libro in mano lungo la banchina, di posare sulla scala mobile facendo innervosire i milanesi imbruttiti in partenza, o ancora di sedersi sulla scalinata ovest mentre fotografavo il libro in equilibrio sui gradini, forse il progetto è diventato più chiaro. Ma ancora non sapeva che avrei fotografato il libro e non lei.

Siamo in un’epoca in cui la visibilità dell’autore conta più di quella del libro. L’autore si promuove sui social network, nelle presentazioni. Il lettore, comprando il libro, “compra” in un certo senso una quota del suo autore. Si arriva al paradosso per il quale un’autrice mai vista in pubblico come Elena Ferrante è addirittura più presente di una che si palesa, proprio per il fatto di essere inaccessibile.

Così mi sono detto: sarebbe bello fare delle foto recensioni in cui mettere in evidenza il libro e nascondere l’autore. Fare delle recensioni sfocate, nelle quali il libro è in primo piano e l’autore si indovina sullo sfondo. Un po’ come, quando si legge, si cerca di ritrovarlo nelle pagine ma non si è mai sicuri di averlo riconosciuto. La prima la trovate qui, ed è dedicata a La terza (e ultima) vita di Aiace Pardon, Baldini e Castoldi.

Alessandra Selmi - La terza e ultima vita di Aiace Pardon - Pochestorie 6

Questo metodo, oltre ad essere molto indicato per gli autori schivi, presenta il vantaggio di creare un certo disturbo della quiete pubblica, specie se si scatta, come abbiamo fatto, in luoghi affollati, e focalizza l’attenzione sulla copertina del libro e sul paziente lavoro grafico e di marketing sottostante.

Se autori o editori all’ascolto fossero interessanti in una “recensione sfocata”, possono contattarmi qui.

Siccome però, in un libro, l’autore è importante. Ecco per concludere una foto anche di Alessandra.

Alessandra Selmi - La terza e ultima vita di Aiace Pardon - Pochestorie7

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The Brave – Ribelle

Di fuoco, di fiamme, di henné… e di sovrapposizioni in Photoshop

 

In questo portfolio, altri scatti della serie

Storytelling fatto a mano. Raccontare chi ci prova

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Metti di essere in metro e per una volta ti alzi per lasciare il posto non a una vecchietta ma a due ragazzi che trasportano:

- zainetto ipertrofico e pesante
- tavolino Decathlon da campeggio
- carrellino da mercato modello massaia di Voghera
- paletta e scopino.

Se non lo fai per gentilezza, lo fai per curiosità. E se sei curioso delle persone come lo sono io, inizi a parlare e scopri una bellissima storia di passione, riscatto e creatività che racconto in questa pagina insieme con le foto che sono andato a fare nel Laboratorio volante di scultura di Marika e Giacomo.

Nasce così la prima “puntata” di un nuova sezione di pochestorie.it nella quale vorrei raccogliere e raccontare storie di persone che ci provano, che si sporcano le mani, che si appassionano del loro lavoro. Nella mia lista per ora c’è un ingenioso ragazzo con una minuscola bottega di riparazione di elettrodomestici e un fiorista cieco che sceglie i fiori dal profumo.

Nell’attesa, ecco qualche foto di backstage del servizio sugli Scultori di strada.

6Y4B3471L’irresistibile attrazione di una persona che lavora! E dire che alle spalle degli umarells che vedete sulla destra c’è addirittura un cantiere con ruspa. Arte 1 – Edilizia 0

6Y4B3494Scultura raffigurante L’uomo che fissava i cantieri.

6Y4B3332Il milanese va di fretta, si sa. Ma poi c’è sempre qualcuno/a che si ferma…

6Y4B3532E poi si smonta, si pulisce, e via, a casa.

La gallery fotografica è qui.

Se volete passare a trovarli, li trovate ogni giorno all’angolo tra piazza Duomo e via Ugo Foscolo, ossia qui.

10 persone che non vorresti incontrare alle terme di Milano (e che invece fatalmente troverai)

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Belle, le Terme di Milano. Bellissime. Scenografiche, lussuose, attrezzate. Hanno l’unico difetto di essere a Milano. Che poi non è Milano in sé, sono più i milanesi. Che ci si vada il lunedì mattina presto o il sabato in orario di aperi-terme, il rischio di incontrare una o più delle 10 persone che non vorresti mai incontrare non è un rischio, è una certezza.

Quali? Ma, ovvio, queste:

1. Il gruppo di amiche che festeggia l’addio al nubilato

Irrequiete come uno sciame di api, si spostano in gruppo e colonizzano in pochi secondi interi spazi: saune, vasche idromassaggio o sedie sdraio. Il brusìo che sentite in sottofondo è il loro inarrestabile vociare, punteggiato da risate adamantine e wow a grappolo. Se vi trovate circondati, potete solo intraprendere una onorevole ritirata o cercare di farvi offrire da bere.


2. Il neofita

Entra in sauna, si siede e si guarda intorno. Si accorge di essere l’unico con l’accappatoio addosso e pure l’unico senza asciugamano. Si alza, esce per deporre il primo e prendere il secondo. Rientra. Si siede. Si accorge ora di essere l’unico con le ciabatte di gomma ai piedi che stanno iniziando a fondere tipo mozzarella sulla pizza. Si alza, esce, le lancia davanti alla porta. Rientra. Si siede. Nel frattempo, con tutti questi andirivieni, la temperatura della sauna è già scesa di almeno venti gradi. Si guarda intorno, chiede: “A cosa serve quella clessidra?”, si alza e la gira mentre è a metà. Si risiede. Si guarda intorno e dice: “Figa che caldo!”. Si alza. Esce.
Ovunque andiate, lo ritroverete nella prossima stanza.


3. L’uomo con i bermuda da surf

Spesso in coppia con il precedente, indossa pantaloncini da mare al ginocchio, a motivi floreali e di colori sgargianti. Quando esce da una vasca, il livello dell’acqua scende di dieci centimetri e il pavimento si allaga. In sauna, ricorda tanto la ricetta del merluzzo al vapore nella versione di Antonella Clerici.


4. L’esperto

Forse peggio del neofita. Ha un diploma di aufguss-master preso in Austria. Conosce ogni anfratto e ogni beneficio delle terme. Le frequenta con cadenza bisettimanale. Non lesina consigli richiesti o meno. Pontifica sulla materia.
Lui non smetterà. Dovete allontanarvi voi.


5. Ah, non è Gardaland?

Non ha capito. Forse si è sbagliato a leggere il volantino, oppure ha fatto confusione su groupon. Si aggira per i locali con aria eccitata e allegra, ride, si mette in fila appena vede della gente in coda (spesso, se donna, davanti ai bagni). Appena uscito da una attrazione vasca si mette immediatamente alla ricerca della successiva.
Solitamente stramazza dopo una mezz’ora, sfinito dall’alternanza caldo-freddo.
6. La coppia in piena tempesta ormonale

Colpa del buio, delle bollicine, dell’inevitabile promiscuità del luogo e dell’amore, probabilmente in quest’ordine. La coppia in tempesta ormonale è posseduta dal desiderio e non riesce a frenare la necessità fisica di effusioni. Similmente a chi si scaccola al volante, ritiene che la trasparenza dell’acqua, al pari di quella del vetro, renda in realtà invisibile chi si trova all’interno. Si concede così danze rituali di accoppiamento nella vasca idromassaggio, se non in taluni casi veri e propri accoppiamenti rituali senza danza.
La vera coppia in tempesta ormonale si riconosce facilmente ex post perché il maschio esce dalla vasca un dieci minuti dopo la femmina. Quando le acque si sono – per così dire – calmate.


7. Il maniaco

Perfetto complemento del punto precedente, solca i locali con sguardo affilato e passa ai raggi X ogni esemplare appetibile. Animato da una sete di ricerca difficilmente estinguibile, passa di vasca in vasca, di bagno turco in sauna, con lodevole tenacia. Appena ritiene di essere in presenza di un caso meritevole di studio approfondito, prende posto accanto o di fronte al soggetto e si pone in stato di contemplazione. Ma poiché non si può frenare il progresso, sarà presto attratto da una nuova conquista.
Aspettare è infatti il modo più semplice per levarselo di torno.


8. La ragazza che si è dimenticata di togliere il trucco

Il primo pensiero è ad Halloween. A una serata a tema zombie. Poi l’aria inconsapevole della ragazza, che contrasta con i suoi occhi cerchiati di nero slavato e con la lacrima mortifera color carbone che scivola lungo la guancia, offrono un importante indizio.
“Dimenticato di togliere il trucco? Non hai visto il latte detergente nello spogliatoio?”.
L’unico dubbio è se farglielo notare o godersi le occhiate di chi la incrocia.


9. L’ipoteso

La variante termale della sala d’aspetto del medico. Appena seduto in sauna, inizia a condividere con tutti i suoi problemi di pressione, l’anamnesi clinica, i sintomi più evidenti, senza trascurare precedenti casi di svenimenti in luoghi pubblici affollati. Quando vede serpeggiare una certa inquietudine nei presenti, fissa il pulsante rosso dell’emergenza e chiede: “A cosa serve quello?”, con aria di pericolo imminente.
Varianti possibili: soggetto con pressione alta; gonfiore ai piedi; flatulenza da sauna; labirintite.


10. Gli amici dell’aperi-sauna

Ahimè, la specie più diffusa. Frequentano le terme più per il buffet gratuito (in realtà lautamente pagato con il biglietto d’ingresso) che per le acque, che anzi disdegnano in favore del prosecco. Stazionano a branchi di fronte al rinfresco con la caparbietà delle zie ai matrimoni.
Sono molesti ma sono innocui. Mentre loro mangiano i grissini, lasciano libere le saune e le piscine per voi.

 

Hai avuto una bella sfiga ma anche una bella faccia da culo

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Antefatto
Mi faccio fregare da un truffatore acquistando una bellissima macchina fotografica che si chiama Canon 5D mark III e che costa un botto. Al ché, incazzato e deluso, vado in commissariato a fare denuncia, temendo di essere compatito. Tutto ciò è narrato qui.

Seconda puntata
In cui si narra di come una grande cazzata possa a volte diventare una grande risorsa.

Il poliziotto no, non mi fa né prediche né morali. È anzi una persona professionale e gentile, che dopo una giornata di turno sta ancora attento alle mie parole e a raccogliere bene tutti gli elementi della denuncia. Uno che crede nel suo lavoro. È pure appassionato di fotografia e così pesa la misura del mio dolore.
La resa della denuncia, che spesso può essere un atto frustrante, è stata in realtà il primo momento in cui ho pensato di reagire. Credo di dovergli uno scatto di orgoglio.

Il mattino dopo, verso le otto, ho pubblicato il post che probabilmente avete letto.
Alle nove e dieci ho ricevuto una prima notifica di donazione da Paypal.
Poi subito dopo un’altra.
E ancora.
La mattinata è stata così un alternarsi di messaggi di solidarietà, offerte di collaborazioni e sostegno economico. All’ora di pranzo avevo raggiunto metà della somma che mi serviva. Alla sera ero a due terzi.

Rifuggendo l’enfasi, lascio documentare la giornata alla lista delle offerte che ho ricevuto:
- decine di mail e messaggi di sostegno;
- un numero circa pari di mail di outing di persone che hanno preso sòle peggio delle mie e non l’hanno mai detto (spesso le stesse del punto precedente);
- € 1411,00 in donazioni in contanti e su paypal;
- diverse “dediche” commoventi alle donazioni;
- tre lavori fotografici commissionati, tra i quali un matrimonio spero imminente;
- una candidatura come assistente free-lance;
- suggerimento di un concorso fotografico con premi in denaro al quale partecipare
- una proposta di acquisto di mie foto;
- due richieste di corsi fotografici su misura (idea da sviluppare);
- un ticket restaurant (immediatamente utilizzato).

Scusate la lacrimuccia, ma qui devo dire un grazie dal profondo del cuore a tutti, per l’amicizia e per le mille, diverse modalità in cui si è manifestata. Mi ha colpito tanto ricevere aiuto da persone mai incontrate di persona, da appassionati come me, da chi ho ritratto in passato e che così si “sdebitava”, da ex e non-ex colleghi…
Un’amica dice: «Hai avuto una bella sfiga ma anche una bella faccia da culo», e credo che questo riassuma alla perfezione la vicenda.

Non è facile chiedere aiuto, si ha paura di essere ridicoli, di ricevere un rifiuto.
Io l’ho fatto, forse perché la faccia di culo non mi è mai mancata. Questo ha smosso cose, una di reazione a catena che dava coraggio e voglia di reagire. Una lezione, o meglio lezioni, che ora vi tocca sorbirvi (cerco di essere sintetico):

1. Ho imparato a chiedere, a consegnarmi agli amici, a mettere da parte il pudore (infatti i miei figli hanno subito chiesto se settimana prossima non posso far finta di essermi fatto fregare comprando una Play 4);
2. Ho capito che c’è sempre un’altra via alla rassegnazione e al subire le cose. Che la fantasia è una cosa molto concreta e pratica;
3. Ho dato valore a ciò che faccio. La fotografia è per me una passione, ma in questa circostanza le è stato attribuito un valore anche economico, da chi acquista le mie foto, da chi chiede corsi e lezioni, da chi dice «per le emozioni che ci hai regalato».

Beh, io queste lezioni me le tengo strette strette. Grazie.
E ora?

Torniamo ai fatti.
Quando ho visto lievitare così il mio conto paypal ho iniziato subito a cercare un nuovo annuncio per la Canon 5D mark III, stavolta rigorosamente privato, abitante vicino a casa, con scambio a mano. Il venditore si chiama Luca, ed è un fotografo bravissimo di paesaggio, potete vedere qui le sue foto. Gli spiego il perché delle mie cautele e solidarizza con la causa-riacquisto: il suo contributo sarà lo sconto decisivo sul prezzo che mi permette ora di avere in casa questa macchina.

Spero di essere all’altezza, perché questa è la macchina che ha scattato la foto che vedete qui sotto. Mi auguro che nei suoi pixel sia rimasta un po’ di arte del suo precedente proprietario.
(foto by Luca Libralato)

Il crimine non dorme mai, il Bene nemmeno

Il cavaliere oscuroIn attesa di scrivere un ringraziamento come si deve, che avverrà a macchina (ri)acquistata, ecco un elenco provvisorio dei multiformi atti di generosità ricevuti per la vicenda di cui ho parlato ieri e grazie ai quali ho già recuperato circa 2/3 della somma persa:

- mail di conforto
- outing di persone che hanno preso sòle peggio delle mie e non l’hanno mai detto
- donazioni (molte) su paypal
- “dediche” commoventi alle donazioni
- contanti
- lavori fotografici commissionati, tra i quali un matrimonio spero imminente
- proposta di acquisto di mie foto (onore)
- sconto consistente sulla macchina da comprare (di cui poi vi dirò)
- un ticket restaurant (immediatamente utilizzato)

Ho fatto una cazzata. Grossa. E ora? Ho un’idea

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Ho fatto una cazzata. Grossa. Una cazzata da ingenuo, che è anche più umiliante di quelle fatte con consapevolezza o arroganza, e molto peggiore di quelle fatte per sfida o per amore.
Mi sono fatto fregare da un truffatore per un acquisto fotografico online. Credevo di essere stato attento, prudente, e anche di aver trovato un buon affare: una Canon 5D mark III a un prezzo basso ma possibile. La macchina dei miei sogni a portata di mano, anche se lei stava a Roma e io a Milano. Nel frattempo, per finanziare questo acquisto senza dover integrare di tasca mia, avevo già venduto la gloriosa mark II e un obiettivo, raggiungendo così il budget necessario.

Ma ho perso gli uni e l’altra.

Un cugino che lavora in banca mi ha già predetto che non ci saranno molte speranze di recuperare i soldi. Bonifico bancario contro malfattore virtuale dall’identità mutante, è la lotta impari.

Tuttavia ora sono nella sala di attesa del commissariato di Polizia “Sempione” aspettando di sporgere denuncia: per un senso di giustizia, anche solo per reagire. Mentre attendo il mio turno, scrivo di getto questa nota sul cellulare e domani la pubblicherò.

Davanti a me c’è un uomo che è stato aggredito. Ha un cerotto in fronte e delle ricette in mano: deve mettere un collirio per un colpo ricevuto sull’occhio. Così si instaura quel clima da pronto soccorso in cui si esibiscono i propri malanni, augurandosi che gli altri ne abbiano di peggiori. Una signora svedese cerca di spiegare a tutti il suo caso, tutti cercano di evitarla. Mi trovo a invidiare il ragazzo che passerà prima di me e che ha smarrito il bancomat. Ora come ora farei cambio volentieri.
La cosa brutta di quando ti fai imbrogliare così è che ti senti in colpa e stupido, anche se in realtà sei solo stupido, perché la colpa è di chi ti frega.

Tento di pacificare il disagio pensando a quanto ho risparmiato in questi anni di compravendita fotografica, che è meno di quello che ho perso in pochi minuti oggi: avrei fatto meglio a prendere tutto nuovo, sempre.
Allora provo un altro sistema: calcolo quanto non ho perso evitando per esempio di
1) farmi rubare l’attrezzatura come succede a molti;
2) far cadere la macchina in un torrente, in un vulcano attivo, in un tombino scoperto (come quello in cui cadde mia mamma aspettando me);
3) farmi querelare da un vip per qualche foto da paparazzo.
Sebbene la somma così “risparmiata” superi di gran lunga quella che mi è stata sottratta illecitamente, nemmeno questo sistema mi rasserena.

Mi sento stupido e impotente perché queste sono cose che succedono solo agli altri, in ogni caso non a quelli smaliziati come me. Poi anche perché, per avere questa macchina, mi sono buttato a capofitto sull’offerta migliore, senza troppa cautela. E adesso certamente il poliziotto mi dirà qualche frase fatta che significa «te lo sei meritato» o anche «bravo pirla». Se vuole infierire aggiungerà un democratico «lei non sa quante ne vediamo di cose così» mostrando la pila di denunce sorelle della mia. Mi spiegherà che faranno il possibile ma che difficilmente ecc. ecc.

Dunque se “difficilmente” e “te lo meriti” devono essere le parole chiave di questa sventura, io le uso così.
Chiedo aiuto a voi, per recuperare difficilmente e meritandomeli i soldi che mi occorrono per (ri)comprarmi la macchina.
Difficilmente, perché non è che la gente i soldi te li regala, ma sopratutto perché ammettere così in pubblico una tale cazzata a me costa parecchio;  meritandomeli perché offro servizi fotografici in cambio di soldi.
Posso farti un ritratto, oppure elaborare delle foto al posto tuo, o recuperarti da una scheda i file che per errore hai cancellato, o ancora “coprire” il battesimo di tuo figlio o la festa di compleanno.
Offerta libera. Con dignità.
Secondo me ce la possiamo fare, e sarebbe una bella vittoria della fiducia che onestamente ho un po’ perso. Mi aiutereste non tanto a comprare la Canon 5D mark III quanto a sentirmi meno pirla.
Se poi invece la polizia mi recupera il maltolto, invito tutti a cena.

Grazie.

Marco

Qui sotto trovi un pulsante Paypal con il quale puoi inviarmi in tutta sicurezza la cifra che vorrai, anche un euro.
E se hai bisogno di altre informazioni (o vuoi l’IBAN o intestarmi dei beni immobili), mi puoi scrivere a pochestorie (at) outlook.it




Sentirsi Elliott Erwitt per mezz’ora con una Leica monochrom. E poi tornare alla realtà

via dante leica monochrom pochestorie

Allora Watanabe dice: «Se hai una scheda con te, la puoi provare. Devi solo lasciarmi la carta d’identità e poi fuori, in strada a fare foto». Poi sorride con la sua serenità mezzo orientale e mezzo paterna, come se mi avesse appena tolto le rotelle alla bici.

Io una scheda con me ce l’ho; a dire il vero ci sono sopra delle foto, ma non importa: le rifarò. Gliela consegno, la inserisce nella fessura, preme un paio di tasti e formatta. Ora la scheda è Leica.

Sorride ancora. Questa volta con la sua serenità mezzo orientale e mezzo vissuta, di chi ha visto passare chissà quante persone in questo interno di via Rovello, che è negozio, spazio espositivo, confessionale, covo di collezionisti.

Sono l’ennesimo che viene a far finta di voler/poter comprare una Leica. Il bello di quando fai finta è che puoi fare finta fino in fondo: ti concedi il meglio, senza porti limiti. Non solo senti la American Express Gold pulsare nella tasca della giacca, ma ti credi anche capace di usare la Leica che Watanabe ti ha appena prestato come un professionista. No, meglio, non un professionista, proprio un genio dello scatto, uno di quelli che ha un rapporto intuitivo con la macchina, che coglie le situazioni al volo e le immortala. Ecco, immortale. Poco importa se per comprare il corpo dovrei vendere l’anima. Per ora è possibile. Senza limiti.

Anzi, i limiti me li sta mettendo proprio, quello che dovrebbe vendermi la Leica M monochrom (più o meno il meglio assoluto che ci sia oggi in commercio, non ho il coraggio di scrivere quanto costa) se io non stessi facendo solo finta di comprarla. Mi dice: «Vietato comprare più di un obiettivo. Per un anno prendi solo un 35 mm o un 50 mm e impari a usarlo. Solo dopo, quando lo conoscerai a memoria, forse, potrai prenderne un secondo. Comincia pure con un usato».

Ma come? Mi limitano i sogni. E invece ha ragione, qui si tratta di andare all’essenziale, di semplificare semplificare semplificare. Penso che un po’ sto cambiando: prima puntavo a fare incetta di materiale per girare con una borsa pesante, ora vorrei avere il minimo che però sia anche il massimo. Chiaro.

Quindi: lascio carta d’identità, prendo Leica, esco su via Dante. Panico.

L'inevitabile selfie con il telefonino, pure sfocato
L’inevitabile selfie con il telefonino, pure sfocato

È come uscire con una top model: ho l’impressione che mi guardino tutti (i famosi borseggiatori che stazionano davanti a New Old Camera, suppongo) e ho l’ansia da prestazione. Lei è magnifica, mi mette a mio agio, non si sottrae, non dà a vedere il suo disagio quando non trovo la messa a fuoco, non fa pesare i miei errori.

Mentre ci faccio un po’ l’amore, sperimento questo sdoppiamento di personalità: mi sento figo e inadeguato insieme. Elliott Erwitt e turista imbranato. Come nei film sembra che ci conosciamo da sempre, e intanto immagino quanto mi sentirò imbranato quando aprirò i file a casa, sullo schermo grande del computer.

Poi penso che scriverò di questa piccola avventura da poveraccio e mi sento ancora più idiota: un vecchio che ci prova con la badante, un ex combattente che racconta penoso le sue battaglie, un bambino che toglie le rotelle e si spalma sull’asfalto.

Leica M monochrome con Summilux 50/1,4 asph
Leica M monochrome con Summilux 50/1,4 asph

E così vuoi lavorare nell’editoria?

alessandra selmi e cosi vuoi lavorare editoria

«Alle cene cui prende parte un editor c’è sempre un aspirante autore,
un po’ come alle cene cui prende parte Miss Marple c’è sempre un assassino.»

Ci sono mestieri difficili da fare ma facili da spiegare: mettiamo il cardiochirurgo, il violinista professionista o anche il soffiatore di vetro. Tutti sanno cosa siano e a cosa servano. Mestieri difficili da spiegare e basta (più che altro per ragioni di pudore): tipicamente la prostituta e il giornalista. Poi mestieri difficili da fare e impossibili da spiegare: uno di questi è l’editor.
Ora, si potrebbe obiettare che non ci sia nemmeno una ragione precisa per conoscere chi sia e cosa faccia un editor. Gente è vissuta benissimo senza sapere di cosa si occupi un social media manager, per dire, potrai fare a meno di conoscere le figure professionali della filiera del libro. D’accordo, del resto i mestieri-difficili-da-spiegare si portano sempre dietro un certo quale senso di colpa: se non si capisce cosa siano vuol dire che non sono proprio dei lavori veri veri.

Tuttavia. Tuttavia ci sono tre circostanze per le quali può essere necessario che tu sappia chi è un editor e cosa faccia; in tal caso mi sentirei di consigliarti la lettura di questo E così vuoi lavorare nell’editoria. I dolori di un giovane editor di Alessandra Selmi, Editrice Bibliografica.

Caso numero 1: sei un editor

Se sei un editor, ma anche un redattore, un revisore, un editore, un libraio, insomma se ti occupi di libri per professione, ti sentirai a casa, avrai il piacere di riconoscerti nelle dinamiche editore-autore, nelle piccole grandi paranoie dello scrittore, ti sentirai meno solo nel compito arduo di ridare forma a un testo. Riderai non poco e poi accorgerai di un sorrisetto ironico sulle labbra.

Caso numero 2: sei uno scrittore o un aspirante scrittore

Se sei uno scrittore o ancora di più un aspirante scrittore (magari di quelli che si ritengono già tali anche senza aver pubblicato nulla) avrai una sorta di visita guidata nel dietro le quinte di una casa editrice: capirai perché gli editori seri facciano aspettare qualche mese prima di rispondere a una proposta editoriale (perché la leggono), quali tuoi atteggiamenti potranno favorire questa lettura e quali altri la potranno irrimediabilmente compromettere (ampia casistica di situazioni in cui non presentare il proprio manoscritto), vedrai forse per la prima e ultima volta il tuo libro con gli occhi di chi ti aiuta a renderlo migliore. Consiglio per esempio il capitolo sulle lettere di accompagnamento e sulle telefonate di recall.

Caso numero 3: sei un lettore

Sì, i lettori sono meno degli scrittori, ma ciò non toglie che possa essere molto interessante scoprire il percorso che compie un manoscritto per diventare libro, quali cure e attenzioni gli vengano rivolte, quale sia il contributo spesso invisibile che alcuni professionisti danno al testo proprio a vantaggio del lettore. Il romanzo rilegato che ti guarda dal banco della libreria è il prodotto di un lungo viaggio. E in questo viaggio, oltre all’autore, solo un’altra persona è stata sempre in contatto con la storia che stai per leggere: questa persona è un editor, e ora saprai chi è e cosa fa.

 

Ma c’è di più, questo libretto è prima di tutto un atto d’amore per una professione importante, che rischia di essere a volte sacrificata per motivi economici o di tempo, un omaggio alla qualità del libro, sia esso il Grande Romanzo o il romanzetto. Alessandra Selmi ne parla con ironia, soprattutto auto-ironia (in quanto in questo caso essa stessa esordiente), attinge alla sua esperienza professionale senza farla pesare, anzi con leggerezza e umorismo. Cita episodi reali e prototipi realistici di autori, quando serve li bacchetta. Ma niente effetto maestrina, anche se la penna rossa in mano ce l’ha eccome, perché sa che a un editor non è perdonato nulla, né un refuso, né una ripetizione.
E soprattutto, nessuno capisce cosa faccia davvero di lavoro, ma in ogni situazione ci sarà sempre qualcuno che tirerà fuori da un borsa un fascio di fogli e glielo lascerà in lettura sperando in una pubblicazione.

Ayse Deniz Pink Floyd Classical Concept

Ayse Deniz Pink Floyd  Pianocity Pochestorie 2
Assai spettacolosa, ieri sera sul main stage del GAM per Pianocity, la performance di Ayse Deniz Gokcin, pianista di orgine turca, di quelle che si possono serenamente definire enfant prodige, visto che ha esordito a nove anni e a tredici già suonava con i più grandi direttori d’orchestra.
Appassionata dei Pink Floyd, ha iniziato a comporre degli arrangiamenti in stile Liszt di alcune loro canzoni, presto diventate un successo su youtube. Da lì, l’album Pink Floyd Classical Concept.

concerto ayse deniz milano pianocity

Ieri, dunque, in un parco della villa Reale di Milano che sembrava per l’occasione un Woodstock senza canne, Ayse Deniz ha incantato tutti con un concerto di un’ora che ha spaziato in tutto il repertorio dei Pink Floyd. Al piano, ma anche “suonando” direttamente le corde del piano con un vinile spezzato o con dei cucchiana di legno da cucina, la pianista ha regalato delle versioni totalmente nuove eppure sempre riconoscibili di brani celebri.

Ayse Deniz Pink Floyd  Pianocity Pochestorie 1

Qui sotto un assaggio: Wish You Were Here e Another Brick in the Wall.