Monthly Archives: dicembre 2013

Due etti di libri, per favore. Belli magri

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Comprare libri alla Feltrinelli di piazza Piemonte la vigilia di Natale non è una buona idea. Però è venuta in mente a moltissime persone contemporaneamente, quindi così pessima non può essere. La maggioranza può avere torto?

Sto cercando una copia di La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo di Audrey Niffenegger per mia nipote, che non viaggia nel tempo ma in metropolitana e legge ancora libri di carta. Conoscendo già il titolo e l’autore – un romanzo che ho molto amato – è facile andare alla N e trovarlo. Ma non vorrei essere uno dei clienti che fanno la fila al banco informazioni, dove un unico commesso cerca di smistare richieste e domande.

In effetti il panorama è desolante: i libri nelle librerie sono visibilmente diminuiti in questi ultimi mesi (come del resto le librerie); il personale è ridotto all’osso e sotto contratto di solidarietà (meno ore per tutti). I clienti vagano spersi. Alla cassa la lunga fila del 24 con quel giusto equilibrio di sclero e fretta che fa tanto Natale. Quanto arriva il mio turno (ho in mano una pila consistente di volumi, perché strada facendo gli acquisti si sono moltiplicati – effetto boule de neige), il cassiere li passa lentamente uno a uno, osservandoli, quasi salutandoli. Lo riconosco per averlo visto altre volte, non in veste di cassiere ma di libraio: capelli folti, barba intellettuale, una trentina d’anni. Il tipo che ha studiato Lettere e poi ha fatto la scuola Mauri per librai perché crede nella Cultura e nel Libro. Ora sta battendo albi di Violetta, penne e taccuini dietro una cassa da supermercato.

Prende La moglie dell’uomo… Lo gira e lo rigira, pur avendolo già battuto. Me lo porge (gli altri libri li aveva semplicemente appoggiati sul piano):

«Bellissimo – mi dice -, è un romanzo stupendo. Lo consiglio sempre quando posso».

Poi mi striscia la carta fedeltà e aggiunge sorridendo amaro:

«Lo consigliavo, prima di finire alle casse».

 

La pacata rassegnazione del papà al saggio di Natale della scuola

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Le mamme della scuola media di mio figlio sono tutte uguali fisicamente. Per noi padri è quasi impossibile distinguerle: alte, magre, capelli mechati virati biondo, iphone sempre in mano, gruppo di whatsapp della mamme della scuola perennemente sott’occhio. Noi papà invece rappresentiamo un branco molto più eterogeneo: si va dai sovrappeso allegri, ai calvi precisini, ai brizzolati fascinosi. Le prof si distinguono dalle mamme perché hanno i capelli scuri e al saggio di Natale della scuola non indossano il cappotto.

Le mamme sanno tutto. Si conoscono tra loro, conoscono ovviamente tutti i compagni del/della/dei figlio/a/i; hanno organizzato il rinfresco, il regalo alle insegnanti e controllato che il ragazzo avesse con sé il necessario per il concerto. Se hanno parcheggiato in doppia fila e ti guardano con quella loro aria «Cosa sarà mai», non possiamo non assolverle.

Noi papà al saggio di Natale spicchiamo per inferiorità numerica e evidente smarrimento. Ci aggiriamo con lo sguardo sperso, temendo i saluti di qualche mamma che non sapremmo certamente riconoscere.

Ci tenderà la mano dicendo: «Sono la mamma di Arianna».
["Arianna chi?"] «Certo, Arianna».

«Bellissimo il tema di Francesco sulla visita al museo, si vede che è figlio di uno che scrive».

["Come fa questa a sapere 1. chi è mio figlio; 2. che c'era il tema; 3. di cosa ha parlato; 4. che voto ha preso; 5. che lavoro faccio"] «Grazie. Scusa, devo andare per…».

 

I papà alla festa di Natale si dividono in due categorie:

1. i rassegnati (ai quali appartengo con onore);

2. quelli che devono dimostrare qualcosa (che guardiamo con sospetto e diffidenza).

Noi papà rassegnati siamo molto meglio: ci concentriamo sul nostro figliolo, lo ammiriamo crescere con commozione, ignoriamo tutto il resto e cerchiamo di tornare a casa il prima possibile. A casa, per dimostrare che eravamo presenti, faremo qualche commento positivo e incoraggiante. A mezzogiorno avremo già archiviato il file della festa.

I papà che cercano di dimostrare qualcosa mi fanno paura: dentro sono confusi e smarriti come noi, però devono:

a) far vedere alle altre mamme, specie quelle più carine (sono tutte uguali ma non del tutto), quanto sono autonomi-presenti-responsabili. Pronunciano ad alta voce frasi come: «Suona bene che poi a casa ti faccio il risotto come lo so fare io»; «Ricordati di far firmare il diario».

b) umiliare gli altri padri sul loro stesso terreno (in realtà per trovare loro stessi conferme). Diciamo che sono il genere di maschio che sotto la doccia fa i confronti e fuori dalla doccia guida i SUV.

c) tentare di salvare il figlio dalla bocciatura facendo colpo sulle professoresse (questi sono tollerati).

Gli uni e gli altri, compostamente seduti sulle sedie mentre le seconde medie ci somministrano una playlist Bianco Natal e Jingle Bells per flauto dolce e pianola, guardiamo l’orologio interiore e giuriamo a noi stessi che il prossimo anno ci daremo malati.